rigoletto chiesa

A Don Dagnino probabilmente sarebbe piaciuta quella sua chiesa stracolma di “fedeli” in un sabato pomeriggio di agosto. E forse anche a Giovannino Guareschi sarebbe piaciuta l’immagine del Cristo in croce (simile a quello cui diede voce nei dialoghi con Don Camillo) alle spalle dei protagonisti della “funzione”: e probabilmente, fosse stato un suo racconto, lo avrebbe descritto con un benevolo sorriso. 

Il fatto è che quella che si è svolta in San Giuseppe non era propriamente una funzione sacra. Oddio: in realtà prima di escludere il “sacro” per un ascolto verdiano, tanto più nel nostro Oltretorrente, è meglio andare cauti. E quei banchi affollati con attenzione e partecipazione ricordavano la “messa laica” così ben descritta dal vernacolo di Pezzani nella poesia “I dàn l’Otello”.

Qui invece si trattava del Rigoletto, che era previsto all’aperto in piazzale Picelli (splendida idea: imparassero, nei dintorni, che è molto meglio spacciare e “fumarsi” Verdi che non quelle porcate che annebbiano i cervelli e ingrassano le mafie…) ma poi per il maltempo è stato dirottato nella chiesa di borgo San Giuseppe.

Tutto il resto è venuto ed è stato accettato di conseguenza. Perfino che sotto un altare venissero cantate La donna è mobile e Bella figlia dell’amore (senza che venisse in mente il minimo accostamento con il dissacrante episodio di Amici miei). O che alla fine, anzichè la tradizionale benedizione, venisse cantata la maledizione, che però contiene in sè anche la riflessione, quasi cristiana, sull’inutile cattiveria della vendetta.

E poi, non sono forse paradisiache certe note verdiane soprattutto femminili, al punto che Toscanini definì la Tebaldi “voce d’angelo”? Insomma, mezzo secolo dopo il beat che a Parma fece “scandalo” con la messa cantata dei Corvi, qui nessuno ha avuto nè dovrebbe avere da ridire, perchè comunque è stato davvero un momento di elevazione dello spirito (ovviamente non va chiesto a me un giudizio critico sulle voci, ma dagli applausi mi pare che le emozioni ci siano state per tutti).

Poi, in fondo lo spostamento in San Giuseppe da piazzale Picelli è stato imposto dal maltempo che a sua volta arrivava dall’Alto… Così mi piaceva davvero immaginarmi il viso soddisfatto di Don Dagnino, che a fine opera  – serio e con il sorriso come lui sapeva essere contemporaneamente – dicesse: “E se oggi siete venuti in tanti per questa sublime Musica, cercate di essere altrettanti domani ad ascoltare la Parola”.

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