Nessuno si arrabbi e nessuno legga questo articolo come un discorso personale. Ma quando alcuni giorni fa è uscita una bella fotografia di Marco Vasini del sindaco Pizzarotti che sbirciava dalla finestra del Municipio la protesta nella Piazza sottostante di alcuni comitati, e poco dopo è comparsa su Facebook la fotografia di Lauro Grossi del quale ricorre oggi il 30° anniversario della morte, ho pensato a quanto siano diverse la Parma di allora e la Parma di oggi.

Non so se Lauro Grossi sarebbe sceso a parlare con i “contestatori”, d’istinto mi viene da pensare di sì. Ma ripeto: il mio non è un confronto fra sindaci (e peraltro io stesso ho scattato foto di Pizzarotti che dialoga in Piazza con cittadini che lo avevano fermato, in altre occasioni), ma è un confronto fra epoche della città e della politica. E non è neppure, lo dico subito, un amarcord nostalgico, perchè tutti ricordiamo che la politica di quegli anni aveva tante magagne, anche nel versante dei finanziamenti ai partiti, prologo (che però allora veniva considerato quasi normale) di Tangentopoli. Anche a Parma.

No. Quando dico che il confronto cittadini-politica era diverso non mi riferisco tanto (o solo) a questo o quel sindaco, ma anche a noi. Quando Lauro Grossi mi ha tenuto a “battesimo” per le mie prime interviste politiche a Tv Parma, dopo gli anni in Gazzetta a raccontare solo sport, erano gli anni ’80. E Parma era davvero una città a 360°. C’era una politica che nasceva dai quartieri, con partecipazione vera e massiccia, e c’erano partiti piccoli per dimensioni ma importanti come scuola e come contributo alle discussioni della città (penso a tanti nomi illustri usciti da Pri, Psdi, Pli…). C’era la presenza forte – per qualcuno una cappa – del monolitico Pci, la cui sede di via Pellico era definita significativamente “il bunker”. C’era altrettanto forte il contrappeso degli imprenditori, con l’Upi che si identificava in Giorgio “Richelieu” Orlandini e che politicamente trovava sponda soprattutto nella Dc che guidava da decenni l’opposizione.

Ma nel mezzo c’erano anche altre voci importanti. Oltre ai “partitini” già citati c’era appunto il Psi, che nel nome di Grossi avrebbe siglato in quel decennio il traghettare dall’ultima giunta socialcomunista (1980-85) al primo clamoroso pentapartito (1985-89 fino alla morte dello stesso Grossi e poi con Mara Colla che avrebbe anche traghettato il percorso inverso, che avrebbe poi portato agli anni di Lavagetto).

C’era una Gazzetta di Parma che sì, era facile e frequente etichettare come “la voce del padrone”, ma che a una linea editoriale ovviamente dettata dalla proprietà degli industriali (come peraltro avviene per qualsiasi testata locale e nazionale) aggiungeva e a volte sovrapponeva una straordinaria simbiosi con la città intera. Il mix della raffinata cultura di Baldassarre Molossi, della più ruspante ma efficacissima capacità di scrutare la città di Aldo Curti e della dedizione (ognuno con le sue qualità) di un manipolo di cronisti di razza faceva sì che il quotidiano fosse il riferimento di tutti: anche di chi come la Gazzetta non la pensava. E mi immagino quale rivoluzione sarebbe scoppiata sulle pagine di carta, per poi contagiare la città intera, se una giunta avesse anche solo pensato di porre fortemente mano a Piazza della Pace, di cui si discusse forse fin troppo per interi decenni, senza prima avere coinvolto tutti ma proprio tutti i parmigiani. Comunque vada a finire la sistemazione di cui da tempo vediamo il cantiere…

C’era la Chiesa, che soprattutto con monsignor Benito Cocchi ebbe parte fondamentale su tante questioni che in quegli anni interessarono e a volte insanguinarono la città (il delitto del Federale ne fu l’emblema nel male e nel bene del progetto di rieducazione che ne seguì). C’erano intellettuali di tutti i colori che non mancavano di contribuire con entusiasmo ed onestà (e rispetto reciproco) al dibattito sulle più importanti questioni. E, per riprendere un tema che oggi è spesso e malamente discusso, perfino nella più marcata fedeltà all’antifascismo non si mancava di ascoltare chi anche a destra e nel Msi aveva guadagnato il rispetto degli avversari (penso ad esempio a Gian Luigi Busi, per anni in Consiglio a rappresentare quel partito).

Tutto oro quel che luccicava? Certamente no, come in parte abbiamo già detto. Ma Parma veniva prima di tutto: a volte magari in modo retorico e stucchevole, ma il senso della collettività era un po’ di tutti. E certo non sarebbe durato a lungo lo scambio che da mesi ci dobbiamo sorbire, a livelli non sempre alti, fra chi oggi rappresenta Parma a Roma e chi ne governa il Municipio. Si discuteva, anche in modo durissimo, ma dell’altro si contestavano le idee: non la persona.

Ecco perchè la bella foto di Vasini potrebbe essere agevolmente rovesciata allo specchio. E’ vero: il sindaco è rimasto alla finestra, ma quanti alti parmigiani lo fanno ogni giorno? Quanti hanno vergognosamente disertato, due anni fa, l’importantissimo appuntamento del voto? E la manifestazione della Piazza, se da una parte porta avanti istanze rispettabilissime e legittime, spesso parte da “analisi” che si possono leggere sui social e che al tono dei social spesso si adattano, più che cercare di elevarlo come una vera Politica dovrebbe provare a fare.

Insomma, fra il ricordo di Lauro Grossi (senza santini ma con il rispetto e l’affetto per chi da sindaco non si risparmiò fino a morire letteralmente sul campo) e le polemiche di oggi, approfittiamone per guardarci allo specchio: Parma è troppo bella perchè ognuno di noi non se ne senta un po’ sindaco e non faccia il suo dovere, ciascuno nel suo ruolo e nelle sue idee. Ma con l’interesse di Parma al primo posto…

(La foto, come si legge in alto, è tratta dal profilo facebook di Giovanni Ferraguti, che ha pubblicato giovedì scorso sul sindaco Grossi una bellissima carrellata che vi invito a guardare).

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