Le raccomandazioni sono due: 1) non prendere mai nulla come verità assoluta. Anzi, usate sempre

le pinze della diffidenza, delle verifiche e dei controlli incrociati. (E questo lo dico anche e soprattutto ai miei studenti e alle mie studentesse); 2) però cercate di leggere tutto e tutti.

Sulle radici della nostra storia recente ci sono miriadi di libri. Di tutti i tipi, di tutte le provenienze ideologiche: a volte davvero documentati, a volte con tesi più ardite e meno supportate dalle fonti.

Però una cosa è certa: questa parte di storia italiana (diciamo l’ultimo mezzo secolo o poco più: da Piazza Fontana, 1969, in poi) è indispensabile per capire l’Italia di oggi, ma paradossalmente è ciò che i nostri giovani conoscono meno, perchè sono nati dopo e perchè non si fa “in tempo” a farlo studiare a scuola. Qualche anno fa, mi capitò con i brividi di citare a un incontro con adolescenti il luogo di Capaci e vedere dai loro sguardi che nulla sapevano di quella esplosione e di Falcone e della moglie e della scorta.

Qui parlo di tre libri che in qualche modo riassumono queste caratteristiche: certo senza eliminare la necessità di verifiche e “pinze”, ma anche con molti elementi, o anche solo spunti di lavoro interessanti.

“Il libro nero delle stragi di Stato” si occupa del “fuoriscena del potere in Italia dal delitto Mattei agli attentati contro Falcone e Borsellino”. Qui date e riscontri sono continui, nei vari capitoli del racconto: Giuseppe Lo Bianco e Sandra Rizza hanno messo in campo un lavoro paziente, certosino e avvincente nella sua tragicità. E nei misteri che spesso avvolgono queste eventi epocali: la sparizione dell’agenda rossa di Paolo Borsellino dopo la strage di via D’Amelio ne è il simbolo.

A volte non c’è neppure bisogno di sottolineare con commenti: già la concatenazione dei fatti parla da sola. Se pensiamo a Falcone e Borsellino a noi saltano agli occhi le immagini e il ricordo di quelle due criminali esplosioni, ma è lo stillicidio degli sgarbi ai due magistrati che ci fa capire quale clima preparò i due attentati, con un ruolo evidente (anche quando non conosciamo i nomi) di pezzi deviati e di traditori dello Stato. In alcuni casi possono mancare le prove o anche solo gli indizi di qualcosa di illecito, ma gli ostacoli al lavoro dei due fuoriclasse che erano stati protagonisti del maxiprocesso che davvero aveva per la prima volta messo in ginocchio la mafia è evidentissimo, nei corridoi del Palazzo di Giustizia di Palermo, in certi rappresentanti delle forze dellì’ordine, nel CSM, in alcuni politici…

Il libro su “L’inchiesta spezzata di Pier Paolo Pasolini” può forse non fornire elementi determinanti per riaprire giuridicamente il caso dell’omicidio e di quella versione (Pasolini assassinato da Pino Pelosi dopo una lite legata alle prestazioni omosessuali) che non ha mai convinto del tutto. Ma qualunque fosse la verità sull’ultimo atto, resterebbe interessantissimo il lavoro che Simona Zecchi ha compiuto per ricostruire il periodo che precedette il delitto: dal ruolo del romanzo incompiuto Petrolio (contemporaneo alla lavorazione del film Salò) ai contatti epistolari che con Pasolini volle avere Giovanni Ventura, accusato e poi assolto per la strage di Piazza Fontana (anche se la responsabilità storica del gruppo veneto è accertata). Altro capitolo, questo, tutto da decifrare, ma che certo porta nuova luce sul lavoro di Pasolini nel suo periodo finale, e sul modo nel quale era vista e considerata la sua attività anche i relazione al tema della strategia della tensione (il famoso articolo “Io so.”).

Per ultimo ho lasciato “Il caso Moro e la prima Repubblica”, scritto un anno fa da Walter Veltroni. Qui si viaggia sul filo delle interviste e quindi delle testimonianze: non sono documenti, quindi, ma sono ovviamente racconti altrettanto interessanti, visto che si parla di protagonisti che vanno dal brigatista Gallinari ai preotagonisti della politica di quegli annim soprattutto in DC, PCI e PSI, fino a Claudio Martelli che come Ministro della Giustizia portò a Roma Giovanni Falcone.

Tanti e interessantissimi gli spunti: dalle difficoltà interne e internazionali che si misero sulla strada di Moro e Berlinguer e del loro progetto di compromesso storico. Moro perse la vita per mano delle BR dopo la strage della sua scorta (con ampio corollario di dubbi e domande su quei 55 giorni), Berlinguer – anche se molti non lo ricordano – rischiò la vita in un misterioso incidente in Bulgaria che diede a molti il sospetto di un attentato.

Poi Tangentopoli, la caduta del Muro di Berlino e i suoi riflessi sul Pci che cambiò nome (molto emozionante l’intervista con l’allora segretario Occhetto), i rapporti a sinistra con Craxi e infine appunto i giorni di Falcone e Borsellino. Pezzi di storia dell’Italia che spesso grondano ancora sangue e domande inevase. Una moviola sulla crescita – spesso contorta ed anomala – delle nostre radici: studi che tutti noi (magari con l’aiuto del servizio pubblico e dei media in generale) dovremmo coltivare, per capire qualcosa di più sui tempi che oggi viviamo e che in quelle radici affondano molte delle loro spiegazioni.

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