Se non si riesce a dibatterne seriamente, chissà che non possa servire un romanzo… Non so se
questo sia stato il pensiero di Mario Ferraguti, ma di certo il suo ultimo romanzo – oltre che una bella lettura – è in realtà molto più di un romanzo, ed ha tanto da insegnare su un tema che vede la maggior parte di noi ignoranti e pertanto diffidenti, e (a dirla tutta) impauriti.
Il lupo, del resto, non potrebbe godere di buona immagine, se fin da piccoli ci compare davanti come personaggio negativo di Cappuccetto rosso. E poi, come scrive acutamente e giustamente Ferraguti, è la parola stessa che si porta dentro il buio, del quale ha due stesse vocali con in mezzo il suono della p. Come cupo…
E davvero contano anche le parole, in questo bel romanzo che a volte assomiglia a una favola, pur con la violenza della Natura e il senso della morte che vi si accompagna. Contano le parole, perchè raccontano delle tradizioni, delle superstizioni, ma anche dell’orgoglio e a volte della fragilità di chi vive in montagna. Equilibrio già reso instabile da una società che ha confinato la montagna nei suoi problemi, e che nel racconto (che si rifà ad una storia reale di una ventina di anni fa) viene reso ancor più fragile quando nel rito abituale delle battute di caccia al cinghiale si inserisce, inatteso, il lupo.
E’ qui che prende corpo l’intuizione che rende prezioso il racconto di Ferraguti. C’è la visuale, che appare ottusa ma che non va derisa o disprezzata, dei cacciatori e degli abitanti dei paesi delle nostre montagne; c’è qua e là l’intervento di personaggi che rappresentano la politica o il sapere di città (che inevitabilmente è visto con diffidenza dai montanari); e c’è, soprattutto, la “visuale” del lupo, con dei racconti interessanti ed intensi sulla vita del branco e dei singoli animali.
Ne viene fuori un quadro davvero avvincente, nel quale il lettore potrà certamente trarre elementi per costruirsi la propria opinione su un tema che tuttora riempie spesso le cronache o i social. Ma allo stesso tempo, è anche un affresco di un mondo che a volte è certamente ancorato a vecchie credenze o superstizioni, ma che proprio per questo (anche laddove fosse dalla parte del torto) è il fondamentale presidio di una parte del nostro territorio che è vitale e che già rischia spopolamenti e abbandoni.
Anche quando sembra far capire le proprie opinioni, Ferraguti – aiutato appunto dallo strumento romanzo – lo fa con delicatezza. Ed anche per questo le 250 pagine del libro (editore BEE) vale forse più di tanti articoli e dibattiti, per aiutarci a capire come funziona la Natura e come dovremmo cercare di convivere anche con ciò che avevamo rimosso, come appunto il lupo.
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