Woody Allen ce lo ha detto con un film, giallo a modo suo sull’importanza del rimbalzo sul nastro. Ma Aldo Tagliaferro, anziché davanti allo schermo, lo ha scoperto più direttamente nel freddo asettico di

una sala operatoria.

O meglio, proprio grazie al tennis Tagliaferro, giornalista vicecaporedattore della Gazzetta di Parma, ha scoperto in una visita medica pre-partite che in una sua arteria c’era troppo…traffico e che sarebbe stato necessario un intervento chirurgico, di quelli per cui “a cuore aperto” non è un puro e già inquietante aspetto tecnico, bensì la sintesi di una situazione che ti sradica dalle abitudini quotidiane (le gioie e le incazzature del lavoro, affetti e amici, appunto il tennis…) e ti denuda – letteralmente – trascinandoti in un mondo a parte fatto di esami, minestrine, fili e bip.

Anche a reagire con qualche autoironica minchiata, come Aldo certamente sa fare, e con la fedele musica (altra grande passione di una vita fra Jethro Tull e altri capolavori) un sottofondo di preoccupazione inevitabilmente rimane. E anche a voler schivare il pensiero peggiore, avviene che ti trovi ad essere spettatore di una morte nel letto accanto.

Sì, siamo davvero fragili. E occorre allora un colpo vincente: ma è qui che davvero la vita si è svelata a Aldo come una partita di tennis. Perché il passante, o in questo caso il by-passante che rimette a posto il cuore e consente anche il ritorno alla racchetta, può essere effettuato nel migliore dei modi, ma non basterebbe la tecnica se non fosse supportata dalla sorte propizia.

Così si arriva alla fine delle 120 pagine dopo essersi immedesimati fra apprensione e sorrisi, con la convinzione che la vita – come il tennis – è una danza. Meravigliosa e “meravigliosamente” fragile.

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