zucconi

Quando mi capitò di presentare un incontro parmigiano con lui e Antonio Caprarica, di Vittorio Zucconi dissi che aveva da poco inventato uno straordinario programma su Radio Capital: un Tg Zero che era tale di nome e…di fatto e che i radioascoltatori avevano davvero l’impressione di “vedere”.

Quella sera all’Università, come poi proprio in un Tg Zero live a Palazzo del Governatore con Edoardo Buffoni, i parmigiani avevano potuto ammirare di Zucconi la prontezza del linguaggio che non ne inficiava l’eleganza, e quella capacità di gigioneggiare ma senza mai sbracare. Anche quando si cimentava con argomenti o personaggi su cui magari non sapeva tantissimo (a un giornalista può capitare spesso), all’inizio dell’intervista navigava a vista ma poi estraeva la zampata del fuoriclasse, l’osservazione acuta anche su ciò che non conosceva. La “firma”: quella che un giornalista si crea sulla carta – dove restano tanti suoi racconti intensi – ma che lui idealmente vergava anche in radio o in tv.

Ma la morte di Vittorio Zucconi non è stata solo la scomparsa di un grande giornalista.  In coerenza con la sua indole ironica e autoironica, dalla notizia che ieri ha rattristato la sua Radio Capital (di cui un anno fa aveva ceduto la direzione a Massimo Giannini) è iniziata una lunga, lunghissima diretta nella quale news e musica si sono mescolate ai ricordi, ai saluti degli ascoltatori, alle testimonianze di politici e personaggi che lo avevano conosciuto e stimato, perfino al di là delle differenze  di idee. Un Tg Zero dilatato all’infinito, con la professionalità ma soprattutto l’affetto di quella squadra che Zucconi aveva diretto e plasmato  e fatto crescere: come un padre.

Una diretta senza confini, eppure mai retorica, mai inopportuna. Un’ultima vivissima lezione di giornalismo e di umanità. Uno straordinario Tg Zero: il tg che, paradossalmente, solo la sua radio poteva creare.

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