Struggente. Adorabile, grintosa, tenera, complicata. Che bel ritratto televisivo ha proposto ieri sera Raitre su Mia Martini.

Un racconto tenuto insieme con asciutta ma evidente partecipazione da una bravissima Sonia Bergamasco, e poi cucito con tante voci fra cui ovviamente la sua, unica ed inconfondibile. Domenica Bertè da Bagnara Calabra, e la sua storia fra il 1947 e un troppo precoce 1995, sono scorse via sullo schermo in una trasmissione di contenuto e di delicatezza.

Ovviamente, i momenti più toccanti sono sempre quelli in cui ascolti la voce e vedi lo sforzo, e la naturalezza insieme, con la quale Mia Martini cavava fuori i suoi suoni, fino alla gioia pur contenuta in un breve ed esausto sorriso finale. Perfino quando le sue versioni non convincono appieno (Imagine, Emozioni) ti resta dentro l’impegno sincero e generoso, di cui comunque c’è tanto da conservare. E poi le “sue”: da quell’incredibile Almeno tu nell’universo alle tante altre. E il duetto con Murolo, e una straordinaria Donna cannone, e – a ritroso – il lacerante ma straordinario Padre davvero dei primi successi.

E poi la storia di Mimì, come oggi la chiamano affettuosamente tutti: eppure furono tanti anche a voltarle le spalle, con quella storia della “iella” assurda e crudele. Impossibile non amarla, anche se è già volato via un quarto di secolo. Incredibile ancor oggi, per me, ripensare di essere stato per 5 minuti, complici una telecamera ed un microfono di provincia, un minuscolo pezzo di quella vita, sotto le stelle di Piazza Duomo che ancora brillavano della sua musica e della sua voce. Cinque minuti che furono per Mimì di sorrisi e di gioia per aver regalato a quella Piazza un concerto meraviglioso, fino a quel bacetto sulla guancia dell’intervistatore che rimane ancor oggi uno dei regali più belli e più dolci del mio mestiere.

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