Può far sorridere che sotto i portici di borgo delle Colonne il battito inizi ad accelerare, come da bambini quando da una curva all’altra si aspettava di scoprire la vista azzurra del mare. Qui,

c’è il primo giallo Parma, fra le volte dei portici; e poi Piazza Salvo D’Acquisto, il campanile di San Giovanni… L’emozione cresce quando nell’avvicinarsi dei borghi un riflesso di sole cade esattamente sull’Angiol d’or.

E a questo punto rieccola, la splendida Piazza Duomo di sempre. Familiare e scontata fino a due mesi fa, poi “proibita” ed oggi restituita come un “congiunto” (direbbe il DPCM) e come un affetto carissimo di cui si sentiva la mancanza.

E’ bella, bellissima. Ma capisci che anche lei è ancora un po’ malata, perchè non apre (se non in determinati orari) le sue porte: e quindi l’emozione di Deposizione, Cupola di Correggio, Battistero è solo parziale, e in gran parte da rinviare ancora. Già solo ritrovare il rosa dei marmi antelamici e le lunette, e da lì sollevare lo sguardo al campanile della Cattedrale e poi ai leoni e al Palazzo del Vescovado è un primo grande ritorno verso la normalità. Ma per l’abbraccio completo con la piazza e con i suoi tesori occorrerà attendere ancora, con la pazienza che a volte occorre per le gioie più grandi.

Verso l’altra Piazza, Garibaldi, passando per i tavolini di strada al Duomo di nuovo affollati e poi per una via Cavour occupata in parte dai lavori (necessari proprio in concomitanza con la ripartenza…?) e brulicante: qualche coda davanti ai negozi, qualche crocchio, qualche fatica a riconoscere le fattezze di amici o conoscenti dietro la mascherina, qualche coraggioso (o incosciente) che la mascherina l’ha lasciata a casa.

A proposito di mascherine, ai colori canonici le parmigiane iniziano ad alternare le prime “fashion”: c’è da augurarsi che gli scienziati possano presto dirci che se ne può fare a meno, ma c’è da scommettere che – in caso contrario – ne vedremo “delle belle”. Per ora annoto ammirato un completo fucsia (vestito più mascherina) e alcune di disegno certamente artigianale.

Ma nel complesso, anche qui, ci si sente come in una corsia di ospedale, fra convalescenti in mascherina. Incontrare amici è ancora più timore che voglia, sapendo che non ci si potrà salutare e abbracciare come si era abituati.

E’ tutto ancora surreale e quasi posticcio: tornare a “rifugiarsi” in casa diventa, per assurdo, una liberazione. Ma è appunto come la prima camminata in corsia dopo un importante intervento chirurgico: sono solo piccoli passi, e occorreranno ancora cure e precauzioni prima di sentirsi fuori dall’ospedale. Di certo ci sono tante cicatrici, oggi anche e soprattutto sul fronte economico, e ci vorrà tempo per vederle sparire. Però siamo qui, vivi e più fortunati – non dimentichiamolo mai – di chi purtroppo non ce l’ha fatta. Domani sarà un altro giorno: arrivederci, Parma.

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