Nell’angoscia di questi giorni di guerra (e di pandemia non ancora archiviabile, anche se oggi sembra una cosa lontana), prendiamoci qualche pausa attraverso lo sport. Dove c’è una storia bella, fra l’Italia e la Spagna ma con un forte profumo parmigiano: due ragazzi che

sono stati i primi veri “golden boys” del Parma di Ernesto Ceresini (in un poker che si potrebbe poi completare con Berti e Melli).

Carlo Ancelotti e Stefano Pioli sono diversissimi eppure hanno tanto in comune. Compresa la coincidenza dei gol decisivi per due promozioni in serie B: la doppietta di Ancelotti nei tempi supplementari dello spareggio di Vicenza contro la Triestina (1979) e la fortunosa ma vincente deviazione di Pioli nel fango di Sanremo (1984). Poi, per entrambi, il Parma di Ceresini fu un trampolino di lancio dalla doppia forza, perchè entrambi arrivarono direttamente in serie A e con maglie prestigiosissime: la Roma di Liedholm e Falcao per Carletto e la Juve di Trapattoni e Platini per Stefano. Poi le vittorie ma anche gli incidenti: Carlo ne è poi riemerso diventando il metronomo imprescindibile del Milan di Sacchi; Stefano si è vista preclusa una carriera anche azzurra, pur continuando a militare in club importanti come la Fiorentina. E infine, una caratteristica in campo: entrambi tecnici e con “faccia d’angelo” (per citare Riccardo Sogliano), ma entrambi grintosissimi e capaci di fare legna quando la partita lo richiedeva.

Una volta allenatori, per Ancelotti il cammino è stato prima discreto e poi folgorante: dopo alcune soddisfazioni (e delusioni) parmigian-reggiane, e dopo le beffe juventine, il ritorno a casa Milan è stato il prologo di una straordinaria carriera nazionale e internazionale. E forse a Napoli qualcuno si è pentito di averlo esonerato proprio quando Carletto aveva convinto a giocare al San Paolo un certo Zlatan Ibrahimovic… Per Stefano il percorso è stato più lungo: dai giovani a un congedo un po’ brusco dal Parma (altra coincidenza col percorso di Carlo) a una gavetta sempre più prestigiosa ma sempre con quel giudizio degli esperti di tecnico bravo ma al quale mancava qualcosa.

Sembrava dovesse finire così anche al Milan, che si era ormai accordato con Rangnick. poi il ripensamento di Maldini & C., e l’avvio di una straordinaria cavalcata con un Milan giovane e acerbo, fino a condurre la classifica (pur in atesa del recupero dell’Inter) e a lottare seriamente per lo scudetto (pur se le favorite restano altre). Mentre Don Carlo, pur fra qualche mugugno, si avvia a riportare lo scudetto dalla parte bianca di Madrid, mentre in Champions lo aspetta il ritorno in salita contro il PSG.

Entrambi sanno benissimo che il vero giudizio in pagella sul loro operato sarà a fine stagione e sarà condizionato dai risultati. Ma vedere questi due ex ragazzini crociati in cima al mondo calcistico in due campionati fra i più complicati è davvero una bella storia: anche perchè, proprio nel segno di quel Parma dal profumo di calcio casalingo e ancora sano, sia Carlo che Stefano sono riusciti a farsi ammirare sul campo senza smettere di esserlo fuori.

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