“E’ facile parlare per te che sei pensionato…” mi sento ripetere ormai da mesi. “E’ facile parlare per voi che a Natale vedrete vostro figlio, senza dovervi chiedere di che colore sarà il cielo a Berlino…” potrei ribattere. Ma lo sbaglio è proprio qui:

sono mesi che viviamo questa calamità, questa avversità bastarda e tragica come se potessimo risolverla combattendo fra noi.

C’è chi dà la colpa al governo, che in effetti è sempre meno efficace, ma non vede che le stesse cose accadono in mezza Europa e mezzo mondo, chi se la prende con la litigiosità centrifuga delle regioni, chi guarda all’altra categoria che è stata trattata meglio (se ne trova sempre una da invidiare), chi mette alla sbarra ora i runners, ora gli aperitivi, ora lo shopping che nel frattempo – per chiudere il cerchio – il governo aveva appena incentivato con tanto di lotteria… Idem per le richieste: la scuola, il teatro, i negozi, i ristoranti, i teatri, le stazioni sciistiche (beffardamente innevate da questo subdolo 2020 come da tempo non si vedeva)…

Siamo onesti: ognuno di noi, anche solo in buona fede, ha contribuito a questa guerra civile verbale (a volte anche incivile, per la verità) e a questo schiamazzo incontrollato. Del resto, l’esempio ci è arrivato a volte perfino dagli scienziati, oppure dai media, per non parlare dei cattivi esempi della politica. E senza dimenticare negazionisti e riduzionisti vari, spesso a firma di improvvisatisi social “virologi” ecc.

Forse occorrerà molto tempo per capire bene che cosa è accaduto e dove abbiamo sbagliato. Capire perché l’Italia è stata colpita per prima, perché poi la nostra reazione ha prodotto risultati migliori di altri (in estate erano messe peggio Francia e Spagna e i nostri ospedali erano Covid-free), perché poi è stata tardiva la reazione alla seconda ondata… Ma ora dobbiamo guardare a presente e futuro. La ricetta, in attesa del vaccino che comunque non risolverà tutto in 2 minuti, non l’ha ancora inventata nessuno: perfino Paesi che nei mesi scorsi venivano additati e invidiati ora devono tornare sui loro passi e inventare nuove e più restrittive strategie. Gli unici vaccini ora alla nostra portata sono l’intelligenza, la pazienza, il buon senso.

La cosa che dimentichiamo troppo spesso è che abbiamo un nemico bastardo, velenoso in senso non solo letterale. Dovremmo, anziché dividerci, stringerci come seppero fare partiti e persone (pur fra tanti rigurgiti post-guerra) nell’Italia del 1945. Per quasi 3 anni partiti diversissimi che poi si sarebbero fronteggiati nel modo più duro, come DC e PCI, rimasero uniti al governo, prima di affrontarsi con i toni della guerra fredda nei successivi decenni.

Ecco, non si tratta dunque di copiare la Germania e la Merkel: basterebbe copiare noi stessi. Quando siamo stati una vera Nazione. Sotto questo cielo, che è lo stesso per tutti. – FINE

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Una lettura per Natale:

IL CASO GUARESCHI – Gabriele Balestrazzi, ed. Diabasis (in libreria e nelle edicole Barilla Center – Municipio – P.le Santa Croce)

Come è possibile che uno degli scrittori italiani più letti, tradotti e amati nel mondo non trovi posto nella maggior parte delle storie della letteratura italiana o nelle antologie proposte ai ragazzi? Un cronista ha ricostruito le motivazioni di chi ama e di chi detesta Giovannino Guareschi, scoprendo tanti pregiudizi non solo “politici”. Ad esempio, molti non sanno che il papà di Don Camillo e Peppone ha scritto anche uno struggente e purtroppo “clandestine” Diario dal lager. Uno scrittore certo non privo di difetti, ma anche ricco di umanità come pochi altri. Conversazione con Maurizio Chierici. Con uno scritto di Enzo Tortora.

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