Ci sono storie bellissime, nello sport parmigiano, che meritano di essere fissate in un libro. Oggi parliamo di una delle più emozionanti, e certamente della più elegante: quella che davvero ricorda “Il volo di un airone”, come

titola il libro che racconta la carriera di Vittorio Adorni a firma dello stesso Vittorio e di Alessandro Freschi.

C’è, dentro queste 250 pagine, tutta la fatica epica quanto massacrante del ciclismo. Ma c’è anche proprio quell’eleganza che fece di Vittorio Adorni un corridore particolare, dotato certamente di gambe ma anche e soprattutto di testa: una intelligenza che più volte gli consentì di cogliere nelle gare la strategia e il momento giusti per conqustare vittorie a volte imprevedibili, al cospetto di avversari più potenti e gratificati dal pronostico.

C’è dentro Vittorio in prima persona, con lo stile e col garbo che lo hanno contraddistinto sulla bici come nella vita. E c’è il lavoro che Freschi ha dedicato a questa storia, ricavandone un’altra pagina di Storia dello Sport di Parma sulla scia dei suoi interessantissimi libri precedenti.

Ed è forse il momento più giusto, per rivivere e meditare una carriera fatta di successi, ma prima di tutto di applicazione ed impegno, di sacrifici per conciliare la passione per la bici con il lavoro (con la compresione e il decisivo incoraggiamento di Pietro Barilla). Una di quelle eccellenze parmigiane che ci ricordano come la strada per i vertici non sia mai semplice, ma comporti studio e umiltà. Strada in salita, verrebbe da aggiungere pur ricordando che proprio le salite furono – insieme alle cronometro – il terreno preferito dell’Adorni ciclista.

La sequenza è da sogno: dalle prime vittorie (più qualche delusione per dei prestigiosi ma anche amari secondi posti) alle imprese che restano nella storia dello sport dei pedali anche ad oltre mezzo secolo di distanza. Resta memorabile l’immagine di Adorni che pur già in maglia rosa attacca nella tappa di ghiaccio del 1965 ed arriva solitario facendo scrivere sulla Gazzetta dello sport a Bruno Raschi che quello è “il più bel rosa dopo quello di Coppi”…

Ed è leggenda sportiva quella imprevista cavalcata mondiale del 1968, quando a Imola Vittorio si buttò in una fuga “impossibile” quando l’arrivo era lontanissimo. e giro dopo giro costruì in quel circuito la sua vittoria più bella, conquistando la maglia iridata ma soprattutto lasciando il più vicino inseguirore a quasi 10′ di distacco… Tanti gli aneddoti, tante le foto: davvero un “film” di sport e di vita che meritava di essere fissato e tramandato. Perchè lo Sport, quando è così, sa davvero regalare grandi lezioni, tanto più quando anche il mondo che ci circonda sembra essere diventato una lunghissima ed estenuante salita…

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