“Ho fatto solo la quinta elementare” dice quasi a scusarsi. E invece ci regala una lezione magistrale, in parole e musica: quasi come una Università della strada a due passi dalle aule dell’Ateneo nel cortile della Biblioteca Civica. Lezione di impegno, passione per la musica, umiltà: lezione di sogni, attualissima in tempi di ripartenza post-pandemia.

Claudio Benassi è l’ultimo dei Corvi, e sente quasi come una missione perpetuare il ricordo della band parmigiana che per qualche anno – nei mitici Sixties – fu tra i gruppi ai vertici della musica italiana, nell’esplosione del beat. Ricordi, ma non chiusi nella bambagia della nostalgia: anzi, ancora vitalissimi e proiettati nel futuro.

Li ha messi insieme in un libro, questi tasselli di una storia per certi veri quasi incredibile. Quattro ragazzi di strada, letteralmente: quattro selvatici di Oltretorrente con la passione per la musica. Senza magari le qualità musicali più raffinate, lontani ad esempio dalla pulizia perfettina dei Pooh che infatti sono poi durati decenni; ma con delle caratteristiche che nessun altro aveva: ad iniziare proprio dalla batteria suonata con una energia esplosiva che valse a Benassi il soprannome “Tritolo”, per culminare nella straordinaria voce di Angelo (“voce di carta vetrata” come scrive Claudio Scarpa).

Il Tritolo di tamburi e piatti , nella chiacchierata che precede lo spettacolo della rassegna Controtempi e che ci vede insieme a Francesco Monaco e a Pierangelo Pettenati che ha aiutato Claudio a scrivere il bel libro Ragazzi di strada…i Corvi, si mostra per la persona che è: sincero e tenero raccontatore di una avventura di cui sembra il primo a stupirsi (“Noi al torneo Davoli eravano già contenti di essere arrivati agli ottavi di finale, e invece finimmo per arrivare secondi davanti ai New Trolls”). Impossibile ascoltarlo e non affezionarsi a quello che davvero appare come eterno ragazzo, umile e sincero nel rammentare una storia che sa un po’ di favola, ma che fu vera storia di successo, mai facile per chi in questa città non nasce nelle giuste consorterie. E penso di non esagerare, nel dire al pubblico che anche questo, che raccontiamo di fianco all’Ospedale Vecchio dove nacque la stagione di Parma Capitale della Cultura, è un pezzo della nostra Cultura da perpetuare: un successo raggiunto con grinta e originalità, senza mai piegarsi al “sistema” a costo di perdere qalche buon ingaggio discografico. O a costo di rinunciare a Sanremo perchè Angelo aveva paura di andare dal dentista per sistemarsi in vista dei primi piani Rai…

Storia e musica che si legano al Sessantotto, alle messe beat (i Corvi con don Pino Setti che fu poi allontanato: e la risposta di un gruppo di giovani fu la clamorosa occupazione del Duomo). Storia quasi americana: dalla strada e dalle prove nei garage ai primi posti nelle classifiche. Ecco perchè, se Parma vuole costruire il suo futuro partendo dalle belle storie del suo passato recente, Claudio Benassi meriterebbe uno dei premi di Sant’Ilario, così come lo ripeto per un altro “ragazzo” eternamente in strada in città, che è il fotografo Giovanni Ferraguti.

E se le parole non avessero reso bene l’idea, ecco subito dopo i Corvi. Le sonorità di allora sono rivisitate con intelligenza e rispetto: regalano insieme il gusto di allora e la vitalità di oggi. Quando Pietro Amoretti arriva all’assolo di Un ragazzo di strada mi sorprendo ancora di quanto quella musica fosse avanti e di quanto ai Corvi si debba forse l’unica canzone in cui la versione italiana è meglio dell’originale angloamericano, come invece quasi sempre avveniva al tempo del beat nazionale, che saccheggiava successi oltreManica e oltreOceano. Ma ancor più sorprendente è come il nuovo gruppo abbia trovato con Lorenzo Cavazzini una voce che a tratti rende il doveroso omaggio ad Angelo (“Anche Vasco lo ammirava e ne ha tratto ispirazioni”) e a tratti scava nuovi sentieri sempre rigorosamente in stile Corvi. Al loro fianco sono puntualissimi il bassista Luca Bonzilli e il tastierista Mirco Rivara: così la serata non è solo un amarcord, ma è musica ancora freschissima e coinvolgente. Concerto da raccomandare alle giovani band come “master” sulla strada per la ricerca del loro sound.

E dietro a tutti, il “ragazzo” che a giorni sarà ottantenne vive il suo elisir di etera giovinezza, fino a scatenarsi in un assolo da fare invidia a un ventenne vero. Allora, detto a mezzo secolo di distanza da quando li guardavo come idoli e chiedevo l’autografo all’indimenticabile Gimmi, grazie Corvi. Grazie per ieri, per oggi e per domani: e ricordiamoci, il 13 gennaio, di questo ottantenne Tritolo: un esplosivo che, grazie al potere della musica, anzichè deflagrare ci tiene ancora insieme.

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