Da “Mi prendo il mondo” a “Non è mai troppo Parma” il salto è ampio, e sembrerebbe un salto all’indietro. Però

c’è un legame vero e positivo: proprio vedere affollate le sale dell’Auditorium Paganini e dintorni per gli incontri legati ai libri di qualche settimana fa (come nella foto) mi ha confermato che Parma ha sete di Cultura concreta, vissuta.

Il biennio da capitale ufficiale, condizionato dalla pandemia, è ormai largamente archiviato. Ma è nella “normale” quotidianità che ora Parma, come tutte le città italiane che sono state gratificate da questo titolo negli ultimi anni, deve trovare nuova linfa per coltivare e valorizzare il grande patrimonio culturale che è quasi di ogni luogo nel nostro fortunato Paese. Ed è qui che ognuno può e deve fare la sua parte.

Così, accanto a tutto ciò che Comune, istituzioni e addetti ai lavori normalmente portano avanti, credo che occorra un coinvolgimento di intellettuali o (parlo per me) “artigiani” collegati in qualche modo alla divulgazione, come certamente è il giornalismo. E allora, ecco che sta prendendo corpo – sulla scia di una storica e celebre trasmissione Rai – “Non è mai troppo Parma”.

Forse sembrerà esagerato ispirarsi a chi, come appunto il televisivo maestro Manzi, nella prima Rai contribuì con la sua trasmissione “Non è mai troppo tardi” a vincere l’analfabetismo ancora diffuso in Italia negli anni Sessanta. Eppure, se vi sottoponete a un auto-test, vi accorgerete che un po’ di analfabetismo culturale parmigiano lo respiriamo tutti: che cosa sapete del Battistero? O degli affreschi del Correggio? O dei poeti di Parma, in lingua e dialetto? Lo stesso celebratissimo Verdi, che leghiamo a Parma come un marchio di fabbrica, è argomento sul quale probabilmente non sapremmo dilungarci più di tanto, nel caso di una interrogazione di tipo scolastico.

Allora è davvero il caso di partire anche dalle fondamenta. Senza nulla togliere a tante altre iniziative, editoriali e non, di più alto spessore, dobbiamo chiederci quanto davvero sappiamo su Parma, e come si può rimediare alle nostre lacune. Un esempio di ottima divulgazione è quello che alla Famija Pramzana stanno portando avanti Mirella Cenni e Paolo Briganti: e proprio lì, giovedì 22, avrò l’onore e il piacere di un incontro che avrà per trema appunto “Non è mai troppo Parma”.

Ma i progetti sono tanti, e spero che si possano coinvolgere soprattutto i mai abbastanza lodati librai e editori, in città e in provincia. E spero che si possa creare anche un circolo virtuoso che comprenda anche gli studenti universitari presenti a Parma, perché sono convinto che la divulgazione culturale sia uno dei (pochi) territori nei quali il giornalismo possa trovare un futuro, anche come mestiere ricompensato.

Perché ciò avvenga, però, c’è bisogno di tutti, e c’è soprattutto bisogno di idee. Un primo indizio ci porta su una strada che ho già battuto e su un personaggio sul quale davvero penso ci sia tanto analfabetismo, accompagnato a pre-giudizi e ostilità (e lo dice uno che spesso non ne condivide le idee politiche): “Ancora Guareschi” è il succo. Ma siamo solo agli inizi: ne riparleremo, perché davvero non è mai troppo Parma…

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