Per quelli della mia età e della mia stessa colonna sonora, Bangladesh è un concerto, straordinario, voluto da George Harrison ormai mezzo secolo fa, all’indomani di una ennesima guerra sanguinosa (la stima minima parlò di 300mila civili uccisi): in quel caso fra due parti del Pakistan, una delle quali ottenne – grazie anche all’aiuto militare dell’India – l’indipendenza trasformandosi appunto in Bangladesh. Ma in queste ore
il Bangladesh ha fatto irruzione nelle nostre cronache parmigiane perchè quella è l’origine del 23enne che ha colpito con i suoi vandalismi Duomo, Battistero e altri monumenti, ferendo letteralmente tutta la città e tutti noi.
Alla offensiva criminalità del gesto (non chiamiamolo semplice vandalismo: questo è qualcosa di più, senza nulla togliere a panchine o parchi giochi tanto spesso presi di mira dai vandali) ha fatto eco la contrapposta, stereotipata e mediocre reazione della politica cittadina. A sinistra un giorno almeno di incomprensibile silenzio, quasi che uno sfregio a Duomo e Battistero non meritasse la reazione immediata e lo sdegno di chi dopo 24 anni si candida a riprendere la guida della città. A destra il prevedibile “concerto” sulla carta di identità del colpevole (si dovrebbe dire “presunto”, come impongono leggi e deontologia, anche se le immagini delle videocamere sembrano parlare chiaro), col risaputo corollario che la nostra sicurezza è instabile solo perchè si aprono le porte del Paese agli immigrati e in Comune non si fa abbastanza per proteggere da loro la città.
Per carità, qualcosa di vero c’è senz’altro, come già ho ribadito più volte in particolare per le più recenti imprese delle baby gang, spesso legate alla seconda generazione di famiglie immigrate. E anche questo aspetto del problema va considerato e affrontato senza riserve: specie di fronte a questo caso che davvero non mi sembra…un caso (non si scelgono per dei vandalismi Duomo e Battistero come si prenderebbe di mira un cestino portarifiuti). E ho già scritto, ma lo ripeto senza problemi, che le 24 ore di silenzio del centrosinistra sono lo specchio di una inadeguata considerazione del problema: candidarsi a governare la città richiede – fra i mille temi – anche quello di non sottovalutare l’impatto della insicurezza percepita su tanta parte della popolazione parmigiana, e non solo per mera strategia elettorale (che comunque un partito o un candidato non avrebbero dovuto sottovalutare…!). Così come da anni è evidente che non si è ancora trovata una efficace regolamentazione della immigrazione, pur essendo altrettanto evidente che la soluzione non può essere la disumanità dei porti chiusi, come anche le vicende dei profughi ucraini dalla pelle bianca dimostrano.
Ero già pronto a riaprire qualche scatolone e qualche file del mio archivio, per verificare meglio. Ma poi è stata più rapida e più brava la Gazzetta di ieri, che ha corredato la cronaca dell’ultimo vandalismo con una accurata ricostruzione delle precedenti offese alla nostra Piazza più bella e preziosa. Sette episodi in meno 15 anni: di alcuni gli autori sono rimasti ignoti, di qualcun altro era stata accertata la matrice straniera come nell’ultimo caso, altre volte la firma era “pramzàna”. Fino al “felice” connubio del 2010 quando si idenficarono (anche in quel caso le telecamere furono decisive) due vandali 17enni: uno tunisino ed uno di Parma, con codazzo di amici misti, plaudenti, sorridenti e videofilmanti mentre i due “eroi” mettevano a segno la prodezza di far cadere uno dei colonnotti del Battistero.
Allora, ferme restando le specificità di ogni caso, è evidente che il tema dei vandalismi, delle baby gang e del disagio giovanile non si esaurisce in uno slogan scandito più o meno forte a seconda della carta di identità dei protagonisti di giornata, nè con lo speculare e timoroso silenzio della fazione opposta. Urge un approfondimento serio, che tocchi tutti gli aspetti: prevenzione, repressione immediata e misure giudiziarie, educazione civica. Se poi ci sono aspetti specifici non vanno elusi: e per non eludere il tema dell’incidenza straniera, io dico che così come non si può mettere in discussione l’accoglienza, allo stesso modo non la si deve dare per scontata per chi dimostra di non meritarla e anzi sembra scagliarsi verso luoghi simbolici della città. In quel caso, chi commette reati deve sapere che lo aspetta l’espulsione, tanto più se si tratta di condotte recidive. Ma ancor più importante è che si pensi per questi giovani a strutture alternative al carcere ma che consentano una adeguata e non banale educazione civica.
Infine, anche se questo discorso infastidisce chi vorrebbe cavarsela con la lamentela verso i troppi immigrati, un ruolo importante tocca anche a noi: come ho già detto mille volte, per scagliarsi contro chi non rispetta la “parmigianità” occorre prima vedere in che modo noi insegniamo quella e il rispetto della città. E con quali valori: è sufficiente una breve passeggiata in città (o una passeggiata virtuale sui social) per verificare che non siamo certo dei bravi insegnanti…
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