Sono nato e cresciuto per 40 anni nella Parma che era “rossa”. La Parma guidata a larga maggioranza dal Pci, e dal Psi di cui dirò fra poco, di cui abbiamo imparato a conoscere pregi e difetti. Da una parte la struttura forte e monolitica (i litigi c’erano anche allora, ma le “coltellate” si esaurivano all’interno del bunker di via Pellico, e da lì usciva una immancabile posizione “unitaria”), i valori dell’antifascismo dopo 23 anni di dittatura, e l’indubbia attitudine a gestire il Municipio e le società collegate che erano anche fonti di tessere e voti (Amnu, Amps, Tep…) ma che funzionavano mica male… Dall’altra, i difetti erano

apppunto il rigido centralismo burocratico (con buona pace di tanti militanti comunisti, le battute di Guareschi sui “trinariciuti” e sul “contrordine compagni” non erano certo campate in aria), la fiducia nell’avveniristico “sole” dell’Unione sovietica, l’appiattimento in certe situazioni sui
“diktat” della Regione…

Ma era una Parma che sostanzialmente funzionava e che era invidiata da fuori, perchè al monolite comunista si aggiungevano alcuni salutari contrappesi: intanto l’alleato Psi, che nel “Fronte popolare” del ’48 e per diversi anni era stato un timido comprimario, sviluppò poi una generazione molto attiva e lucida (penso al senatore Fabbri o al sindaco Grossi, ad esempio), che del Pci divenne pungolo costante. Spesso col risultato di alzare l’asticella dell’alleanza, prima che i rapporti si lacerassero al punto da favorire il primo laboratorio politico comunale ovvero il Pentapartito del 1985, con la Dc e i laici alleati del Psi in Municipio e il Pci per la prima volta all’opposizione. Fino a che qualche eccesso di craxismo complicò le cose anche a Parma.

Poi fu fondamentale il contrappeso economico-mediatico: l’Unione industriali guidata dal ’68 da Giorgio Orlandini, anche attraverso la diffusissima Gazzetta di Molossi e Curti, era capace di fortissime critiche ma anche e soprattutto di spunti di riflessione e lavoro (tipo il no al progetto De Carlo per piazza della Pace o il sì al futuro a Baganzola dell’Ente Fiere). Aggiungiamoci poi l’eresia interna di Mario Tommasini (interna fino allo strappo del 1998 che indirettamente favorì un nuovo laboratorio con la vittoria del “civico” ed ex Dc Elvio Ubaldi), e vedrete un mix che davvero dava alla Parma di quei decenni un volto particolarissimo. Che funzionava con soddisfazione di tutti: in particolare del Pci e della Gazzetta, poli opposti e più vistosi dei due mondi di riferimento.

Se il pentapartito fu una parentesi, comunque non irrilevante, la successiva sconfitta contro Ubaldi fu, come tutti sappiamo,soltanto l’inizio. Perse le elezioni del 1998, il centrosinistra degli eredi del Pci (Pds, Pd) ha poi perso anche tutte le sfide successive: 2002 (Ubaldi bis-Soliani), 2007 (Vignali- Peri), 2012 (Pizzarotti-Bernazzoli) e 2017 (Pizzarotti bis-Scarpa). Nel frattempo, il rosso Parma si è scolorito decisamente: non si perdeva più per contrasti interne e per dispersione di voti come fra Lavagetto e Tommasini, bensì per il progressivo spostamento a destra degli elettori (in provincia oggi ci sono comuni a gjuida leghista e la “classifica” dei partiti è decisamente cambiata, ma anche Parma città ha un rosso oggi piuttosto scolorito).

Allora? Vedremo che cosa accadrà “nel buio dell’urna” (citazione guareschiana che deve sempre mettere sul chi va là chi tifa sinistra), dato che ai sondaggi ho smesso di credere dopo il 3% pronosticato nel 2012 a quel Pizzarotti che è tuttora qui dopo dieci anni… Ma, seppure ingenuamente, mi piacerebbe che la sinistra parmigiana guardasse al di là della pur importantissima competizione individuale, che premierà un solo sindaco. Si sono viste quest’anno idee e persone interessanti: candidature come Ottolini e Bui, ma anche le poi tramontate Canova e Roberti, per arrivare fino all’ex Pd Costi, stanno apportando – al di là del clima elettorale – proposte importanti per la città.

Ecco, premesso ancora una volta che a votare dobbiamo andare tutti (perchè la democrazia è un dono e non un fastidio, nè un divano nel quale rifugiarsi per poi criticare dalla tastiera chi vince, sempre e comunque) chi vincerà rappresenterà solo una fetta di Parma. Dovrà quindi avere la curiosità e l’umiltà di confrontarsi, oltre che con gli avversari dello schieramento opposto come proprio Guareschi ci insegna, con chi oggi magari è visto solo come un possibile incursore del proprio stesso elettorato. Allora sì che, al governo o all’opposizione, Parma potrebbe arrossire in modo utile alla città. E non fare più notizia solo per litigi o divisioni…

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