Non era un modo di dire. Quando venne a Parma e spiegò che lui aveva sempre giocato anche le partite più importanti con la stessa leggerezza di quando da bambino si divertiva con il pallone all’oratorio, lo illustrò con l’esempio più eloquente: il suo gol più importante nella

indimenticabile sfida mondiale con la Germania, nella notte del Messico. I tedeschi avevano appena segnato il 3-3: la palla era entrata proprio a lato del palo che Rivera stava presidiando; e anche se la deviazione ravvicinata e “sporca” di Gerd Muller gli avrebbe consentito al massimo un fallo di mano da rigore, proprio su Rivera il portiere Albertosi stava sfogando tutta la sua rabbia a suon di insulti.

Così, mentre l’Italia portava la palla per riprendere da metacampo dopo il gol che aveva subìto, a Rivera venne l’idea folle di riscattarsi e di fare lì quello che aveva sempre fatto da bambino, ovvero da Gianni: scartare tutti gli avversari e depositare la palla in porta. Ma quando la palla gli arrivò, con la coda dell’occhio vide venire verso di lui, possenti e galvanizzati dal pareggio appena raggiunto, i bianconeri tedeschi, e dovette quindi rinunciare alla sua idea allargando il pallone alla sua sinistra. Però, quell’istinto bambino del gol lo guidò comunque verso l’area avversaria, in una insolita posizione da centravanti: e quando il centravanti vero che si era spostato all’ala (Boninsegna) riuscì a suon di gomiti a tenere indietro un avversario e a mettere in mezzo il pallone, Rivera si avventò. Pensando a un calcio incrociato di sinistro, verso l’angolo più lontano: lo pensò anche Maier, il lunghissimo portiere tedesco, che cercò di anticipare la mossa dell’avversario slanciandosi in tutta la sua lunghezza verso il secondo palo. E fu lì che il bambino dell’oratorio si reimpossessò di Rivera, con l’intuizione dell’ultima frazione di secondo (quella che fa la differenza fra un bravo calciatore e un campione assoluto) di battere invece col destro, e verso il palo più vicino: quello con meno spazio, ma che Maier stava già abbandonando proiettandosi verso la sua sinistra. Un colpo in controtempo, azzardatissimo: il piedone destro del portiere tedesco – ogni volta che rivedo il video – dà per un attimo la sensazione di vincere la legge della fisica e di riuscire a bloccarsi per intercettare quel tiro e quella scelta “folle”.

Ma non è così, il pallone sfiora il portiere ormai proteso verso sinistra e si infila irridente dove lui si trovava un attimo prima. E’ il 4-3, che resterà il risultato finale: è l’extra time più bello della storia del calcio, ed è l’apoteosi di un genio che per un momento è tornato bambino…

Dissero di lui che era un abatino non adatto alla lotta (lo scrisse Gianni Brera): ma lui, fresco di scudetto e Coppa dei Campioni, su un campo argentino che i padroni di casa dell’Estudiantes avevano subito trasformato in ring, prese la palla e quella volta davvero scartò tutti compreso il portiere depositando in rete il pallone che valeva la Coppa Intercontinentale.

Se volete capire il valore tecnico di Rivera, guardatevi gli assist a Pierino Prati (specie quello dopo avere scartato ancora una volta il portiere) nella finale di Coppa Campioni vinta 4-1 contro l’Ajax maratoneta di Crujiff e compagni. Guardate i suoi dribbling, oppure guardate come riuscì a proiettare nella classifica marcatori perfino un terzino, come Maldera che invariabilmente e magicamente si trovava solo davanti alla porta.

Classe limpida, rivista a sprazzi in pochissimi altri numeri 10 del nostro calcio e non solo. E quando, nel pieno del suo calcio-pressing che aveva riportato i rossoneri in vetta all’Europa e al mondo, chiesi a Arrigo Sacchi se Rivera nel suo Milan avrebbe potuto giocare, la risposta – immediata – fu “sì”. Perchè il calcio è certamente diventato anche corsa e forza, ma solo i numeri 10 (e forse i portieri) riescono ancora a viverlo come un gioco: e proprio per questo restano eterni bambini. Anche a 80 anni…

(La fotografia testimonia il grado di obiettività e distacco che ho sempre applicato nelle due o tre occasioni parmigiane nelle quali ho intervistato Rivera… 🙂)

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