L’avevo lasciata lì ad attendere, per non condizionare lo studio che tanto mi ha appassionato sul particolarissimo film a quattro mani contrapposte fra

Pasolini e Guareschi: due che più diversi sarebbe stato difficile trovarli, e che pure furono messi insieme dall’idea di un produttore tanto lungimirante quanto poi incapace di valorizzare quell’unicum irripetuto e forse irripetibile nella storia culturale di destra e sinistra italiane.

Ma ero ovviamente curiosissimo di capire come fosse nata La Rabbia originaria, che era stata affidata al solo Pasolini, ma che poi spaventò il produttore Gastone Ferranti al punto tale da spingerlo a far dimezzare a Pasolini la sua parte (“troppo filosovietica e troppo marxista”) per lasciare posto anche a un “visto da destra” firmato Guareschi.

Ed ero ovviamente altrettanto curioso di capire meglio la seconda accoppiata: quella che nel 2007/2008 vide questa volta Pasolini “affiancato” da Giuseppe Bertolucci, che partendo da un’idea di Tatti Sanguineti e dalla riscoperta dei testi scritti da Pasolini per la versione originale, volle ricostruire o perlomeno ipotizzare proprio quella prima versione del film che nessuno vide, a parte appunto il produttore Ferranti.

Un’operazione nata insieme alla Cineteca di Bologna (unitamente al restauro della Rabbia a quattro mani con Guareschi), che nel dvd si avvale dell’ennesimo preziosissimo contributo pasoliniano di Roberto Chiesi. Doppiamente prezioso, in questo caso, proprio per l’oblio – e spesso il fastidio – che anche gli studiosi più vicini a Pasolini hanno sempre riservato al capitolo della Rabbia.

Non dirò, ovviamente, che questa versione completa e ricostruita della Rabbia possa cancellare i limiti che avevamo individuato anche nella parte pasoliniana del film a quattro mani: una parte che ovviamente compare per intero anche in questa versione, compresa la troppo ottimistica conclusione speranzosa nel modello sovietico e nella emancipazione da Stalin dopo la sua morte. Questo abbaglio storico rimane, anche se non c’è più il confronto col ruvido Guareschi a sottolinearlo (e sulle prospettive dell’Unione sovietica, è giusto dire che vide più lungo lo scrittore di Fontanelle.

Però, poter vedere oggi il film in una versione che ci può almeno far capire come sarebbe stata La Rabbia di Pasolini (grazie al tocco delicato, rispettoso e affettuoso di Bertolucci) è una opportunità interessantissima per gli studiosi dell’intellettuale bolognese. Se prima ho citato un abbaglio storico, ci sono tantissime intuizioni importantissime: qui c’è anche l’accenno alla tv (che nella versione a 4 mani rimase solo nella parte guareschiana), che anticipa uno dei cavalli di battaglia del Pasolini corsaro degli anni ’70.

Di sicuro è un altro significativo pezzo del percorso di Pasolini, che in quegli anni si mostrava particolarmente creativo e ispirato, grazie all’entusiasmo regalatogli dalla scoperta del nuovo mezzo di espressione: il cinema nel quale aveva debuttato come regista neppure due anni prima, con Accattone. E la visione della Rabbia di Pasolini accresce il cruccio per la disattenzione di intellettuali e media nazionali per una ricorrenza (il 60° del film a quattro mani) che poteva stimolare fecondi dibattiti su Pasolini, su Guareschi e sull’eterna sfida intellettuale destra-sinistra.

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