Per dirglielo nel modo più sincero, ne sono stato sia felice che invidioso: chi infatti non vorrebbe

vedere sedie e corridoi di Feltrinelli così gremiti per il proprio libro? Ma nel caso di Antonio Mascolo, perfino non ci fosse stata l’amicizia questa affollata domenica mattina in libreria non avrebbe potuto che fare piacere. Antonio se lo meritava tutto questo abbraccio parmigiano: lui che a Parma ha dato tantissimo, riuscendo ad essere contemporaneamente nel coro (quello della grande Gazzetta di Baldassarre Molossi) e fuori dal coro, già nei suoi esordi parmigiani e poi via via nella direzione a Modena, nella creazione di Parma Repubblica e ancor oggi nella sua “pensione”, altrettanto fanciullesca e ispirata del compagno di cronache Ferraguti.

E quanto ne abbiamo bisogno! Le sue “Tracce di Parma”, per le edizioni Ticinum con la complicità di Guido Conti (uno degli altri due personaggi di cui parleremo fra poco), non sono una Storia, ma un racconto tutto da volgere in avanti, nel futuro di Parma. Semmai, con i suoi riferimenti Antonio ci mostra una rotta: se da tempo dico che invece di strapparsi i capelli per la “parmigianità insidiata” (dagli incivili invasori stranieri, ovviamente), dovremmo anzitutto metterci d’accordo sui valori che pensiamo siano alla base della nostra collettività, anche perché poi sarebbe curioso e utile capire fino a che punto noi stessi autoctoni rispettiamo quelle regole (per citare Antonio che mi cita, quante truffe e bancarotte fraudolente si sono succedute anche ad alto livello nel terzo millennio da Tanzi in poi…?).

Ma in queste Tracce di Parma c’è molto di più. Mascolo ha chiamato in mischia, da agguerrito cronista-rugbista, intelligenze e anime che hanno lasciato segni mai indifferenti: semmai, nella città dell’apparire, non sempre hanno avuto a loro disposizione un riflettore, finché Antonio non glielo ha acceso nelle sue cronache di ieri e di oggi. Sempre o quasi nel segno della Cultura: C maiuscola perché sempre sorretta da vera sostanza, dalle intuizioni di Arturo Carlo Quintavalle alla miniera di carta di Ivo Ferraguti, ai romanzi di Valerio Varesi… E oggi che a livello nazionale ci si chiede come dare ai nostri giovani una corretta educazione all’affettività, lui ricorda educatori veri e innovativi come Luciano Campanini, Ulisse Adorni, Giorgio Michelotti, Guido Sani. Oppure, per citare una sola delle anime di Teatro Due, Gigi Dall’Aglio: uno che, diversamente dalla parmigianità più stereotipata, “non si è mai guardato l’ombelico”.

Tanto è parmigiano, il libro di Antonio, quanto è “sprovinciale”. E più lo riguardo e più mi piace. Sì, carissimo e generoso prof delle mie prime uscite da cronista televisivo: tu ti meritavi proprio la folla di stamattina. E ora semmai tocca a Parma meritare questo regalo, che stamattina si è completato grazie anche a altre due persone di cui ora parlerò brevemente.

La fortuna di avere un sindaco bravo a parole (e questo è un complimento) – Di solito lo si dice per sottrazione: uno bravo solo a parole. Ma chi era stamattina da Feltrinelli non può non avere gustato e apprezzato le parole del sindaco Michele Guerra, non formali né scontate. Dei 7 sindaci parmigiani che ho conosciuto, Guerra è decisamente il migliore, dal punto di vista oratorio: ma non solo per un “bel” parlare, bensì per la sua capacità umanistica di inquadrare le piccole o grandi storie di Parma in un disegno più grande. Qualcuno dirà, rovesciando la canzone di De Gregori, che “non è mica da questi particolari che si giudica un” amministratore… E invece no: abbiamo bisogno proprio di amministratori che ci diano un orizzonte, e non semplici scelte del quotidiano. Se Guerra ci sarà riuscito o no, lo sapremo fra circa 4 anni: ma intanto il consiglio è proprio quello di essere sindaco come è stato stamattina nel suo bellissimo intervento. E attorno a questa sua capacità di visione, si confrontino e si uniscano meglio i due partiti che a volte si preoccupano più di marcare il territorio che non di sognare in grande per Parma…

Il rezdór di Voghera – Non gli darò certo la stessa notorietà della mitica casalinga di Voghera, con cui venne individuata la figura media dell’ascoltatrice televisiva, ma nella bella festa parmigiana di stamattina c’è un altro co-protagonista da non dimenticare. Guido Conti, che da scrittore aveva già passato abbondantemente la Parma e il Po (il suo recente La siccità è un’ennesima chicca) si è ora attestato in riva al…Ticinum, e con Elisabetta Balduzzi sforna idee di carta che non di rado lo riportano a Parma. Come per Mascolo, è verificato che il miglior modo di guardare e descrivere Parma è farlo tornando da fuori: e lui in due anni ha offerto ai parmigiani prima il regalo natalizio delle foto senza tempo di Giovanni Ferraguti ed ora appunto le Tracce mascoliane. Per Guido è la terza vita: oltre al prestigioso cammino da scrittore, è stato infatti anche accurato e originale biografo di due vite apparentemente lontanissime come quelle di Giovannino Guareschi e Arrigo Sacchi.

E chissà che sfogliando, leggendo e tornando a incontrarsi in libreria, Parma non si accorga che i suoi veri rami secchi non sono quelli dello Spelacchio natalizio che oggi sembra indignarci più del crac Tanzi…

(P.S. – Stavo dimenticando: ogni volta che si parla di libri, tanto più nella “sua” Feltrinelli, dovremmo dire un grazie a Roberto Ceresini, intellettuale vero in una Parma superficiale)

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