“Quando mi dissero della morte dei figli, risposi: dopo un raccolto ne viene un altro. Avevo cresciuto sette figli, adesso bisognava tirar su undici nipoti”. Queste parole del contadino Alcide,

papà dei sette Fratelli Cervi del cui martirio oggi ricorre l’aniversario, sono state fra le più forti e limpide, nelle mie letture di adolescente.

Un libriccino, scritto insieme a Renato Nicolai, nel quale l’allora ottantenne Papà Cervi raccontava la tragica ed eroica storia dei propri figli, che prima si batterono per migliorare la condizione di agricoltori e poi contro la dittatura fascista e nazista. La loro storia, riassunta in quelle 150 pagine che conservo da sempre come un tesoro prezioso, non si limita ai momenti drammatici che portarono a quel 28 dicembre e non si limita ad un racconto da dentro di quanto fu importante anche la Resistenza, nell’opposizione a quella orrenda dittatura e nel lungo pderiodo che precedette la Liberazione da parte delle truppe alleate.

No, c’è molto di più. Ci sono la cultura e la saggezza di una civiltà contadina che tanto ha dato al nostro Paese e che tanto ha inciso su quella ribellione al regime illiberale e violento. Ci sono le difficoltà, le regole e gli insegnamenti della Terra. C’è la necessità dello studio, della conoscenza per non farsi sottomettere e per migliorare le proprie condizioni di vita e di lavoro.

C’è poi, appunto e soprattutto, la battaglia per la libertà che diventa tremendo martirio. Ma neppure in quel terribile momento ci si può fermare: tornato a casa (era stato incarcerato a sua volta) e appreso della fine di tutti i suoi figli, Papà Alcide sa che deve ricominciare tutto da capo, e insegnare questa volta ai nipoti. Perchè “il raccolto non viene da sè: bisogna coltivare e faticare, perchè non vada a male”.

Con un desiderio, che a leggerlo nei nostri giorni bui mette ancor più tenerezza: “Per la salvezza non c’è che un mezzo: che gli italiani si riconoscano fratelli, che non si facciano dividere dalle bugie e dagli odi, che nascia finalmente l’unità degli animi”… “Che il cielo si schiarisca, che sull’Italia torni la pace, e la concordia, che i nostri morti ispirino i vivi, che il loro sacrificio scavi profondo nel cuore della terra e degli uomini”. Allora, concludeva papà Alcide, potrò dire: “L’Italia vostra è salva, riposate in pace, figli miei”.

Ecco il libro che avrebbe fatto bene a leggere il presidente del Senato…

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