Carissimo Mister Nevio,
innanzitutto come sta? Pensi che nei mesi scorsi avevo anche guardato le indicazioni stradali per Lozzo Atestino, perché avrei voluto venirla a salutare per
portarle un libro che racconta una “Favola crociata” di cui anche lei è parte, ma poi per motivi personali avevo dovuto cambiare programmi. Però non è del libro che le voglio parlare, anche se la favola c’entra comunque.
Mercoledì 12 saranno 30 anni dalla serata più bella, più magica e più impensabile per migliaia e migliaia di tifosi (e non) parmigiani. La serata di Wembley: una notte tutta gialloblù che portò la sua firma e quella dei suoi straordinari ragazzi. Una emozione stupenda, dopo la già incredibile promozione in serie A e la Coppa Italia e prima di nuovi incredibili successi (tecnicamente metto al primo posto la Uefa di San Siro contro la superJuve di Lippi e Vialli). Con due di quei Leoni di Wembley (Minotti e Apolloni: i guardiani dell’area con il capitano che aveva licenza di avanzare fino al gol, proprio come a Wembley con una traiettoria da incantesimo) lei aveva poi dedicato a Parma un altro regalo – diversi anni dopo – restituendoci perfino in serie D la dignità perduta col fallimento, sportivo e non, della gestione Ghirardi-Leonardi. Roba da cittadinanza onoraria (ci ha mai pensato nessuno? Io non dico niente perché non porto fortuna: pensi che l’avrei assegnata anche a quel presidente bresciano, sulle ali dell’entusiasmo di una serata al Tardini che ci aveva riportato in Europa ma solo per due giorni, prima che emergesse il disordine nei conti societari…).
In quel periodo della vostra e nostra serie D, portai anche lei e Gigi a una assemblea dell’Istituto Agrario Bocchialini, dove lei entusiasmò e conquistò i ragazzi spiegando l’assonanza fra agricoltura e calcio biologici. Insomma, non è solo bel calcio quello che lei ci ha regalato.
Dieci anni dopo la notte di Wembley, il 12 maggio 2003, altro bellissimo ricordo, eravamo riusciti a radunarvi tutti a Tv Parma, che allora dirigevo. Una edizione superspeciale di Bar sport, nella quale la squadra di Wembley si dimostrò fantastica anche fuori dal campo: a metà trasmissione, infatti, un fulmine e un blackout misero ko gli impianti della nostra tv. Più di mezzora al buio, in tutti i sensi: eppure nessuno se ne volle andare o diede segni di insofferenza. La luce tornò, la trasmissione riprese, e poi finimmo tutti a tavola a condividere quella magìa in un tempo supplementare condito con ricordi e risate.
Non so se e come Parma ora intenda sottolineare questo trentennale. Ma so che da ormai 7 anni la strada di Nevio Scala è lontana da Parma, almeno pubblicamente, e me ne dispiace. Quando ci fu il brusco divorzio in serie C, io ero già in pensione: quindi non seppi e non so (e non voglio chiedere neppure ora) le ragioni profonde dello strappo, anche se di certo non mi stupì che lei avesse legato ancora una volta coerentemente la sua strada a quella dei suoi ragazzi: Gigi e Lorenzo e con loro Galassi.
Sette anni sono tanti, anche se so che certe ferite bruciano più a lungo. Ma io voglio guardare molto più lontano e a un altro luogo dove lei ha allenato e vinto: Mosca. Sappiamo tutti con quanta angoscia e voglia aspettiamo da là segnali di pace e di disgelo: possibile, mi chiedo io forse ingenuamente, che prima nella mia bella città non ci possa essere una più piccola “pace”, nello Sport e nella ricorrenza di un evento che più di ogni altro è stato a Parma gioia e sorrisi? Se ben ricordo il suo rigore personale, sono certo che lei sia certamente e onestamente convinto di essere nel giusto. Ma non si tratta (e non mi permetterei di chiederlo a lei e a nessun altro) di rinunciare alle proprie ragioni di ieri e di oggi: quello che invece penso fortemente è che questo anniversario sia la più bella occasione di andare al di là, e di guardare avanti. Anzi, di guardare indietro a quel 12 maggio di 30 anni fa che ci vide tutti insieme e esultanti. Felici.
Nell’ultima sua domenica al Tardini, lei mi regalò una intensissima intervista sulla sua panchina, chiacchierando insieme di quei lunghi e favolosi anni parmigiani. A un certo punto le chiesi, e mi parve che a lei piacesse la domanda, se il 5-3-2 che aveva contraddistinto tanti successi non fosse poi diventato la gabbia dorata del Parma, anche se lei aveva provato a rivitalizzarlo con l’invenzione geniale di Brolin a centrocampo poi purtroppo vanificata da un grave infortunio che bloccò un progetto potenzialmente straordinario. Ecco, lo dico a Lei e a tutti i parmigiani nei rispettivi ruoli: non ingabbiamo oggi quello che ci ha uniti in quella sera londinese e in tutti quegli anni, e poi ci ha bruscamente “divisi”. Torniamo a progettare e a guardare avanti: anche qui cerchiamo un nuovo “schema”, per rivincere insieme.
Lei, Nevio (con tutti quei suoi straordinari ragazzi), merita innanzitutto di ricevere da Parma, pur se con 7 anni di ritardo, un grazie e un abbraccio degni di quella straordinaria doppia storia di Sport. Non so chi e come debba fare la prima “mossa”, e se ci possano o debbano essere telefonate o chiarimenti o semplici strette di mano, ma da vecchio cronista parmigiano innamorato del calcio e della sua città lasciatemi sperare che il 12 maggio segni un’altra notte magica. Lo ripeto da anni: questa è una ferita che non merita lei e non merita la città. È una ferita che è tempo di sanare, ovunque stessero ragioni e torti di quel giorno.
Mi fermo qui, anzitutto scusandomi della…invasione di campo. E se queste mie righe per qualche motivo dispiacessero a lei o ad altre persone, ovviamente mi scuso anche di questo: ma chi mi conosce sa che le ho scritte in buona fede e a fin di bene. Se c’è un aspetto nel quale potrei sopportare per la mia città il ripetitivo e stucchevolmente esagerato appellativo di “capitale”, vorrei che fossimo capitale dei sorrisi. In un’epoca complicata, penso che il sorriso e il tornare ad incontrarsi guardandosi negli occhi siano lo “schema” migliore per vincere tutte le difficili partite che stiamo affrontando: e sarebbe bello se Wembley ce ne desse una occasione. E sarebbe anche un esempio per le piccole o grandi litigate di oggi di tutti noi.
Qualunque cosa accadesse o non accadesse mercoledì 12, ovviamente avrò il massimo rispetto per le decisioni sue e altrui. Ma spero tanto di leggere nei prossimi giorni dai miei colleghi qualche buona notizia, e di poter assistere (a distanza, come la sera di Wembley in cui mi occupai del tg qui in città) a una nuova bella Festa parmigiana.
Un grande abbraccio, Mister, e davvero e comunque grazie: grazie per tutte le emozioni che ci ha regalato.
Gabriele Balestrazzi
(La foto, di Giovanni Ferraguti, è tratta appunto dal libro Favola crociata, Kriss editore)
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