Nel caos del dopo armistizio, migliaia e migliaia di Italiani si trovarono di fronte a una drammatica scelta: furono infatti, e bruscamente, posti di fronte all’alternativa di unirsi all’esercito tedesco-fascista oppure

di essere immediatamente rinchiusi nei campi di concentramento tedeschi o polacchi.

Furono, come è facile comprendere, ore e dubbi laceranti per chi vestiva la divisa militare: e non tutti ebbero il tempo o la forza di darsi alla macchia per poi dar vita in montagna alle formazioni partigiane. Ma nella generale rilettura che oggi bisogna dare di quelle vicende e della Resistenza, se è giusto dare all’azione partigiana il dovuto risalto, non si deve sottovalutare questa Resistenza nei campi di concentramento dei cosiddetti IMI (Internati Militari Italiani). Né si può sottovalutare il pesantissimo bilancio: su circa 800mila IMI, si calcola che a morire nei campi di concentramento furono almeno 40mila !

Tanti anche i deportati di Parma. E su tutto spicca il racconto che Giovannino Guareschi fece di questi due anni nel suo straordinario Diario clandestino. Nel lager perse 40 chili, ma ebbe la forza di dire no alle lusinghe che gli arrivarono per tornare in Italia e tornare al suo lavoro con l’editore Rizzoli, oppure per dirigere una pubblicazione controllata dai nazisti.

La sua e quella degli altri IMI furono grandi lezioni di Dignità e appunto di Resistenza. In questo 8 settembre di 80 anni dopo, quella lezione non va dimenticata.

(La foto che illustra l’articolo è una schermata da Google ricerca alla voce “Guareschi lager”)

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