Fa discutere, fortemente e inevitabilmente, la richiesta del Procuratore della Corte dell’Aja, con l’accusa di crimini di guerra verso

Hamas per gli attacchi del 7 ottobre su Israele e dello stesso Israele per le forme della sua reazione all’indomani dell’attacco.

Tema lacerante e certamente delicato, tanto più in un mondo pieno di focolai pericolosissimi e di blocchi da guerra fredda allargata. Tema che meriterebbe approfondimento rigoroso e senza pregiudizi di alcuna provenienza. E che mi riportano ad un altro passaggio di quel film-documentario di 60 anni fa (La rabbia) del quale mi ostino – probabilmente invano – a sottolineare l’attualità e quindi l’utilità del suo studio.

Quel “non film” realizzato a quattro mani, contrapposte, da Pier Paolo Pasolini e Giovannino Guareschi è certamente datato e ricco di cose superate, o anche di reciproci abbagli. Ma offre una serie di intuizioni sorprendenti per la loro lungimiranza, che possiamo misurare perfettamente 60 anni dopo, in una atmosfera purtroppo ancora dominata dalla guerra o dalla paura della guerra, come recitava la domanda iniziale della Rabbia.

E se Pasolini fu davvero profetico sul destino delle popolazioni africane e sul tema che oggi etichettiamo come “migranti”, a sorpresa Guareschi – oltre ad esprimere tutta la sua diffidenza sul modello sovietico anche nel dopo-Stalin – ebbe anche un paio di esternazioni anti-americane, che forse non furono secondarie nell’auto-affondamento del film da parte della società distributrice Warner, appunto americana.

Una delle più clamorose, che fu anche fonte di un equivoco e di una polemica fra i due “co-autori”, venne fuori dal commento di Guareschi alle immagini del processo di Norimberga, che giudicò i gerarchi nazisti appunto per i loro crimini di guerra. Guareschi, non certamente per alleggerire le loro colpe (dei nazisti era stato anche prigioniero nei lager per circa due anni), sottolineò però che in quel processo mancavano altri imputati: i responsabili del massacro di Katyn (ovvero i sovietici, dopo un primo tentativo di attribuire la colpa ai nazisti) e coloro che avevano sganciato le bombe atomiche su Hiroshima (appunto gli americani).

Allora, come oggi, si può ovviamente dissertare sull’accostamento e sui criteri per attribuire la qualifica di “criminali di guerra”. Ma allora come oggi, Guareschi ci invita quanto meno a una cosa: a ragionare e giudicare con la nostra testa, e a individuare ovunque l’odio se vogliamo arrivare a una vera e duratura convivenza pacifica, da sostituire all’odio fra i popoli…

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