Sull’agenda c’erano segnati solo i suoi tre appuntamenti: le batterie e le relative finali della nostra Giulia Ghiretti. Poi, certamente, uno sguardo sarebbe andato anche al resto, ma dopo la sbornia televisiva delle Olimpiadi, con il calcio che ripartiva, con Sinner e ovviamente anche dell’università fra esami e tesi, forse sarebbe rimasto poco tempo per assistere

a molto altro delle Parlimpiadi.

Invece, giorno dopo giorno, è stato un innamoramento. Sono sfilate sul video (a proposito: brava Raidue!) storie e personaggi, ma soprattutto si sono viste imprese sportive coinvolgenti e di altissimo livello.

Mentre sui social si inseguivano le lamentele del “troppo caldo”, “vacanze finite”, ecc., lo schermo mostrava una ragazza indiana che centrava un perfetto 10 con l’arco: arco gestito con i piedi non avendo lei più le braccia. Abbiamo riso e sorriso (straordinaria la battuta del “Qui si sta bene: forse un po’ troppi disabili…!”); abbiamo visto un’atleta non vedente gareggiare con gli occhi della Gioconda; abbiamo seguito i miracoli del nuoto: quelli azzurri e quelli di straordinari atleti, soprattutto cinesi, capaci di trasformare un presunto limite in forza d’acqua da applausi. Ogni giorno tante lezioni di vita che ci hanno arricchiti.

In tutto questo, eravamo certi che la nostra Giulia Ghiretti avrebbe dato il massimo. Ma non si poteva sapere se quel massimo si sarebbe tradotto in medaglia, in un contesto così agguerrito e dopo avere visto l’imponderabile nelle storie di Tamberi o di altri atleti già nelle Olimpiadi.

Quando l’ultimo tratto dei 100 rana ha visto in vantaggio apparentemente incolmabile la fortissima rivale ungherese, c’è stato il tempo per pensare ad applaudire quella prestigiosa medaglia d’argento. Poi, come per un magico colpo di vento, la mano di Giulia ha toccato per prima, di un soffio, e sull’acqua azzurra è spuntato l’inconfondibile e irresistibile sorriso col quale Giulia condisce le sue prestazioni sportive e i suoi incontri fuori dall’acqua. Ho rivisto quella scena più volte, e quel sorpasso finale che ha dato a Giulia la medaglia d’oro sembrerebbe scientificamente “impossibile”. Allora mi è venuto in mente che in Brasile pensano che ad alzare il famoso rigore di Baggio, che sancì la vittoria del Mondiale di calcio per i brasiliani sia stato lo spirito di Ayrton Senna, il campione brasiliano di Formula 1 morto pochi mesi prima e al quale uno striscione esposto in campo dalla squadra dedicò quella vittoria calcistica. Ecco: ho pensato che anche qui, da fuori, fosse arrivato un soffio di forza e d’amore, passando per gli altri familiari di Giulia che erano lì a Parigi a tifare, squadra nella squadra. C’era un motivo in più, per Giulia, per volere quella medaglia: e nel Paese delle Meraviglie che sono state queste stupende Paralimpiadi, a Parigi c’è stato spazio anche per questa favola parmigiana. E quanto sarebbe bello e importante se tutti noi ci portassimo dentro adesso, nelle nostre cose di tutti i giorni, l’insegnamento di quelle imprese sportive e di questa doppia fantastica estate olimpica parigina.

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