Non si è mai smesso di parlarne, in questo mezzo secolo. Anzi, è impressionante la
mole di libri, convegni, saggi dedicati a Pier Paolo Pasolini e alla sua opera.
Un fenomeno certamente a sé, nel panorama culturale italiano, anche per la varietà dei settori (Letteratura, Teatro, Cinema, Poesia, Giornalismo) che hanno visto impegnato Pasolini, mai con presenze banali. Ed è facile prevedere che in questo 2025, nel quale a novembre cadranno i 50 anni dalla sua morte violenta e mai del tutto chiarita, di Pasolini si tornerà a parlare ripetutamente.
Ma al di là di ricorrenze e celebrazioni letterarie, che cosa c’è davvero di Pasolini che ancora ci parli in modo attuale e possa esserci utile in una società che, inevitabilmente, è ben diversa da quella del 1975? Ecco: questa forse dovrebbe essere una delle chiavi principali di ri-lettura dell’opera di Pasolini: una lettura laica, che vada al di là di ogni eccesso e di ogni strumentalizzazione, come forse è invece troppo spesso avvenuto. E in questo buio culturale che avvolge oggi l’Italia (e non solo), credo che in questi mesi cercherò spesso di rileggere alcune cose di Pasolini e di ricavarne qualche spunto su questo blog, per chi vorrà approfondirlo. Annotazioni, sia chiaro, da semplice lettore, senza titolo per critica letteraria o cinematografica ecc.
Un primo tema, per certi aspetti quello fondamentale perché ne ricomprende molti altri, è la concezione della vita e della morte. In Pasolini, e nella sua opera, è profondissimo il legame fra questi due momenti: la morte non segna semplicemente la fine della vita, ma ne fissa e ne esalta il significato. Con un ulteriore e fondamentale significato: la vita, individuale e nella società, contiene in sé il senso del sacro, che però non si identifica con il sacro della religione o dell’istituzione Chiesa (che anzi è spesso al centro delle critiche di Pasolini).
A guardare bene, questa è una ricerca – si potrebbe dire un’ossessione – che tiene unita gran parte della multiforme opera pasoliniana. Un ateo costantemente alla ricerca del sacro, non in senso soprannaturale ma come elemento della vita e come strumento di analisi (e se possibile di miglioramento) della società: ne è esempio eloquente uno dei suoi film più affascinanti e sorprendenti come Il Vangelo secondo Matteo, ovvero una delle più belle storie cinematografiche di Cristo ma realizzata da un marxista. Pasolini avrebbe addirittura voluto chiudere il film con la morte di Gesù in croce (tema che già aveva ispirato il precedente e contrastato film La ricotta) e si convinse solo attraverso il confronto con i teologi dell’associazione Pax Christi di Assisi, la cui collaborazione fu importantissima per la nascita del film.
Alla fine il regista si limitò ad un accenno non fondamentale: quasi a sottolineare (ecco un primo spunto per le riflessioni di oggi) che non è necessario credere in un aldilà per ascoltare e mettere in pratica, sulla Terra, gli insegnamenti rivoluzionari di Cristo.
Ecco: mi piacerebbe che Parma sapesse organizzare incontri, nelle librerie o in altre sedi, per discutere di questo e altri temi legati all’intellettuale forse più importante del nostro dopoguerra. Ne riparleremo, esaminando anche tanti altri aspetti delle opere di Pasolini.
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