Vale ovviamente anche per chi scrive, prima che qualcuno scambi questo articolo per un
intervento da non si sa quale cattedra. Anzi: lo scopo è proprio quello di una riflessione generale e autocritica, dalla quale pertanto non dovrebbe autoesonerarsi nessuno.
Parto dalla giornata simbolo di venerdì. Ovvero dal 25 Aprile e da una Piazza Garibaldi splendida nell’apparenza (il cielo è spesso azzurro sul 25 Aprile… e fa meglio risaltare il giallo Parma di Palazzo del Governatore) e nella sostanza, con migliaia di parmigiani e parmigiane (mi verrebbe da dire di Italiani e Patrioti) che festeggiavano l’80° anniversario della fine di una tragica dittatura. Dico tragica perché, se qualcuno avesse saltato qualche pagina del libro di Storia, grazie al fascismo e alla guerra folle per realizzare un ancor più folle “Impero” (gli italiani se ne bevevano tante anche allora…) morirono circa 450mila Italiani, con il corredo di una guerra civile che non nacque sopra gli alberi ma fu voluta da chi (sempre lo stesso megalomane duce) si prestò alla altrettanto tragica farsa della repubblica di Salò.
Tutto normale, verrebbe quindi da dire: quale Paese democratico non festeggerebbe la contemporanea fine di una guerra e di una dittatura? E non ricordiamo forse allo stesso modo ad ogni novembre la fine di quella vergogna che fu il Muro di Berlino simbolo della guerra fredda e dell’illiberale comunismo sovietico?
Quella in Piazza è stata una festa e una manifestazione pacifica. Con una nota stonata: da non nascondere ma neppure da far diventare più importante della Festa stessa, visto anche che si è esaurita in una discussione, seppur tesa e sgradevole e per certi versi inaccettabile come ho già ampiamente scritto sui social. Una tesa discussione a proposito del diritto della Brigata ebraica di sfilare in quel corteo, cosa per me ovvia (giusto semmai discutere dei toni di uno striscione, ma come ho già detto ora sarà meglio discuterne serenamente nei prossimi 11 mesi e rimanenti giorni, anziché ripetere questo “rituale” anche il prossimo 25 Aprile). Così come è ovvio che non vi siano “giurie popolari” titolate a decidere chi possa e chi non possa sfilare, una volta che siano rispettate le leggi.
A parte questo è stata una bellissima mattinata parmigiana, dunque, nel nome di valori che solo ignoranti o tristi residuati fascisti potrebbero non condividere. Poi però, nel pomeriggio, sono piombato nel 25 Aprile dei social e l’impressione è stata davvero penosa. Tutto ridotto a slogan da stadio, non solo sul 25 Aprile ma su qualunque argomento, con il consueto contorno di insulti, affermazioni in evidente malafede, mezze verità…
Ecco: davvero non ci accorgiamo non solo dell’inefficacia ma anche dello squallore delle nostre tesi incomplete e deviate?
Davvero chi ha sottolineato il tema dello striscione “sionista” non ricorda che in realtà la polemica sul diritto a sfilare della Brigata ebraica (che pure contribuì alla Resistenza) si trascina ormai da anni, anche senza striscioni e ben prima del genocidio (per me è tale) di Gaza? E viceversa?
Davvero chi nei giorni scorsi ha giustamente ricordato la tragica e inaccettabile fine di Sergio Ramelli, il ragazzo di destra ucciso a colpi di chiavi inglese da un commando di Avanguardia operaia non ricorda che a Parma invece un ragazzo di sinistra, Mario Lupo venne ucciso a coltellate in un agguato di neofascisti? E viceversa?
Davvero chi ha allestito la pur bellissima mostra su Parma Liberata non sa che nell’immediato dopoguerra ci furono anche tante vendette e tanti omicidi mascherati da vendetta politica nel “triangolo rosso” emiliano e in parte anche a Parma? E viceversa, davvero chi ricorda questo e solo questo ignora quanto fu importante la Resistenza, che solo a Parma ebbe 900 vittime fra i partigiani, con esempi nobilissimi quali ad esempio Giordano Cavestro? E davvero non sa che in quella stessa Piazza i nazisti e i repubblichini a cui si è voluta dedicare una targa furono responsabili della crudele fine di sette martiri?
Davvero pensiamo che celebrare la Resistenza necessiti di oscurarne le ombre o che – viceversa – si possano ricordare (e ci sto) quelli che caddero dall’altra parte ma senza ricordare che la loro parte era quella della dittatura (e qui no che non ci sto)?
Davvero si può chiedere di cancellare via Tito e poi sfilare a Dongo o Predappio inneggiando a Mussolini? E davvero si può combattere il ricordo del dittatore fascista e di Hitler senza fare altrettanto con Tito o con Stalin?
Davvero non ci accorgiamo del torto che ogni giorno facciamo alle nostre intelligenze e alle nostre stesse rispettive idee, quando per affermarle cerchiamo di falsare la realtà, raccontano mezze verità che servono solo che in quelle “idee” forse siamo proprio noi i primi a non credere…?
Davvero non riusciamo a volare un po’ più alto, nell’interesse di tutti noi di qualunque colore politico andiamo vestiti?
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