Date la colpa a chi volete. Alla mollezza dei governi di centrosinistra? Perfetto, anche se

alla fine uno dei ministri più efficaci è stato Minniti, non senza controindicazioni e polemiche. Volete dare la colpa al sistema colonialistico-capitalistico globale? Volete aggiungerci certe promesse mancate dalla parte politica attualmente al governo (blocchi navali, 600mila rimpatri/anno)? Oppure ritenete decisivo e negativo il ruolo dei giudici?…

Ok: date pure la colpa a chi volete. Ma per quanto si possa dire e criticare sul tema sbarchi di immigrati, questa è solo una parte (seppure importantissima) della questione multietnica.

Basterebbe un giro sui bus, cosa che consiglierei sempre ai politici di tutti i colori, locali e nazionali. Lì, che ci piaccia o no, la città è già multietnica: anzi, quando mi reco all’Università ai Paolotti in via D’Azeglio mi capita spesso di trovarmi in minoranza sul bus rispetto a passeggeri visibilmente non “pramzàn dal sàs”. Le riflessioni e i dubbi ci sono, ovviamente. E i postumi del Covid, che tuttora inducono ognuno di noi a rinchiudersi un po’ in noi stessi, accentua il senso della incomunicabilità.

Ma qui sta il punto. Se non ci dedichiamo anche a ciò che già c’è e ci sarà (che non significa rinunciare al dibattito sugli sbarchi, sia chiaro), sarà questo il vero problema della Parma del futuro. Noi che ci vantiamo iperbolicamente come “Piccola Parigi”, della Parigi vera rischiamo di replicare – e il discorso vale per tutte le città italiane – il problema “banlieu”, seppure in modo che si spera meno impattante e violento. Le gesta delle baby gang sono per fortuna ben distanti dagli incidenti anche tragici della capitale francese (gli ultimi hanno macchiato perfino la sera della grande vittoria calcistica del PSG in Champions), ma ne possono essere un preoccupante prologo, da analizzare e fermare prima che sia troppo tardi.

Non è un problema semplice. Però voglio raccontarvi un episodio che, nel mio piccolo, mi ha fatto molto riflettere, quando mi è capitato di incontrare una classe di giovani immigrati iscritti a un corso per imparare l’italiano (conoscere la lingua del Paese in cui ci si trova è fondamentale, ma la nostra non è una lingua facilissima). Sono stato attento, ovviamente, a non fare troppi riferimenti alla storia o ai luoghi e ai personaggi di Parma, dando per scontato che chi mi ascoltava spesso non li conoscesse. Ma sono rimasto gelato vedendo la perplessità e lo smarrimento di quegli studenti quando ho accennato a Hollywood: proprio così, nessuno di loro conosceva questa località che per noi da decenni è sinonimo di cinema. E forse questo dovrebbe farci riflettere meglio, prima di dare sbrigativi giudizi su chi arriva qui come se fosse un privilegiato vacanziere.

Poi, però, abbiamo iniziato a parlare della storia di Parma, dei suoi valori e dei suoi personaggi ad iniziare da quelli che hanno fatto grande e bella la nostra città arrivando da fuori: Antelami, Correggio, Padre Lino, il prof. Rizzolatti… Abbiamo parlato della vana generosità di un ragazzo di Matera, Antonio Turi, e del suo gesto nobile per provare a salvare, purtroppo invano, un pescatore che stava affogando nella Parma sotto Ponte Bottego.

Non è stato, sia chiaro, un dialogo facile, ma anzi complicato e faticoso. Però, alla fine ho visto questi giovani coinvolti e curiosi: ovviamente tocca anche ai nuovi arrivati cercare di integrarsi, ma tocca anche e soprattutto a noi saper proporre loro una integrazione innanzitutto culturale, nel senso di valori condivisi. Senza troppe arie di superiorità: la nostra è certamente una società democratica e civile, ma è anche la società dei femminicidi, delle storiacce tipo Vignale di Traversetolo, e dei mille comportamenti fuorilegge (per non parlare dell’inciviltà dei rifiuti, che non è certo solo degli extracomunitari, o sulle strade).

Ecco perché, forse, anche il referendum sulla cittadinanza (come peraltro quelli sul lavoro) andrebbe guardato con meno superficialità e con più lungimiranza, invece di continuare a credere alla fantascienza di una società futura di “pura razza parmigiana”. Quando poi, spesso, la parmigianità siamo proprio noi i primi a tradirla con i nostri comportamenti, anche quelli verbali con i social. Nulla di facile e di scontato, con interlocutori che magari sono i primi a non volerne sapere.

Ma se non troviamo noi il modo per separare (attraverso il dialogo, possibilmente) chi è qui con buone intenzioni da chi vuole fare casino, e continuiamo a fare di tutti gli immigrati un fascio, allora avremo capito ben poco della sfida che ci aspetta, ci piaccia o no.

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